(ndr) Il confronto sul benessere animale è in UE e in Italia particolarmente acceso anche in virtù del fatto che a breve ci saranno le elezioni europee che potrebbero mettere in discussione l’operato dell’attuale legislatura. L’argomento è particolarmente delicato e richiede per una discussione saggia e serena il contributo di molti. Riteniamo importante pubblicare il parere inviatoci dal Dott. Silvio Borrello, ex Direttore generale del Ministero della Salute.
Già dal 2008 il Parlamento europeo, con la Risoluzione “Nuova strategia per la salute degli animali nell’Unione europea (2007-2013)”, aveva fissato i pilastri dell’azione comunitaria per favorire il miglioramento della salute e il benessere animale, e il rafforzamento delle misure di biosicurezza negli allevamenti, attraverso interventi legislativi e di sostegno alle imprese agricole.
Le motivazioni che avevano indotto il Parlamento europeo ad intervenire nascevano dall’evidenza di una sempre maggior attenzione dei consumatori ai temi ambientali ed etici, e dall’evidenza che esiste una chiara correlazione tra salute, benessere animale, qualità dei prodotti e, in definitiva, salute dell’uomo e rispetto dell’ambiente.
L’impulso del Parlamento europeo ha portato ad una revisione della legislazione della salute degli animali, con l’approvazione del Reg. (UE)2016/429 del 9 marzo 2016, conosciuto meglio come “Animal Health Law”, in cui si fa riferimento anche al benessere animale e alla lotta contro l’antibiotico-resistenza, ma ha lasciato sostanzialmente inalterato il “pacchetto benessere animale”. Ciò, a mio avviso, è dovuto alla limitatezza delle risorse umane e finanziarie messe a disposizione dalla Commissione e dagli Stati membri, alle gravi crisi riguardanti la salute animale (peste suina africana) e umana (Covid 19), ma anche al dibattito interistituzionale e con gli Stati membri promosso dalla Commissione.
Ad un questionario promosso dalla Commissione, se non ricordo male del 2018, rivolto alle Autorità competenti, la maggior parte degli Stati membri ha risposto che una revisione della legislazione non era necessaria. Si sarebbe dovuto lavorare piuttosto, attraverso linee-guida dedicate, sugli stakeholders, motivandoli con argomentazioni tecniche sulla necessità di adottare comportamenti virtuosi che si sarebbero tradotti per loro in vantaggi economici (diminuzione del consumo di farmaci e riduzione delle malattie), per gli animali in maggior benessere e salute, e per i consumatori in un incremento della fiducia e della qualità dei prodotti.
Certamente, le immagini che hanno fatto il giro d’Europa sugli allevamenti lager non avremmo mai voluto vederle, e fortunatamente non rappresentano la situazione italiana, fatta da allevatori onesti che hanno “cura” degli animali e che non mettono sull’altare del “dio quattrino” la negazione di regole, etica, salute degli animali e rispetto dei consumatori.
Si chiede alle Autorità competenti di fare di più: più controlli negli allevamenti, durante il trasporto, ecc. Ma ci si è mai chiesti quali mezzi e quali risorse il controllo ufficiale dovrebbe avere per poter esercitare un’efficace azione di verifica secondo le aspettative dei consumatori e dei firmatari delle varie petizioni internazionali presentate all’UE?
Non si può risolvere tutto con la repressione e le sanzioni che lasciano il tempo che trovano per la loro esiguità: i sistemi alternativi per aumentare salute e benessere degli animali ci sono, basta saperli far funzionare!
Nel campo della sicurezza alimentare, vige il sistema dell’autocontrollo che responsabilizza al massimo gli operatori e lascia alle A.C. il compito della verifica del rispetto delle norme.
In Italia è stato messo a punto il sistema di categorizzazione degli allevamenti ClassyFarm, primo non solo in Europa ma nel mondo, tant’è vero che sono venuti a studiarlo anche i giapponesi e che in questo momento potrebbe essere di forte ausilio per la promozione ed il mantenimento delle nostre esportazioni.
ClassyFarm, di fatto, ha anticipato quanto previsto dal Reg. (UE)2016/429 a cui è stata data attuazione con i due decreti legislativi 134 e 136 del 5 agosto del 2022, prevedendo:
- una maggior responsabilizzazione degli allevatori quali primi responsabili della salute, benessere animale e consumo dei farmaci;
- l’obbligatorietà di farsi assistere da un veterinario appositamente incaricato;
- l’obbligatorietà di una formazione continua sui temi della biosicurezza, salute e benessere animale.
Ritengo che il nostro Paese possa ritenersi all’avanguardia per quanto riguarda l’impegno delle Istituzioni nel legiferare o nel prevedere sistemi di controllo più efficaci, avvalendosi anche delle tecnologie informatizzate, ma che abbia ancora bisogno di quella spinta per passare da idee concrete alla loro attuazione in campo.
Il Sistema Qualità Nazionale Benessere animale (SQNBA) approvato dal Parlamento italiano stenta a partire per la mancanza di alcuni provvedimenti attuativi, come quelli della formazione, sia dei valutatori che degli operatori, per cui anche la corresponsione dei premi PAC, previsti dal PSP2023-27, stenta a decollare secondo criteri di effettivo rispetto dell’adesione all’Eco-schema 1 diviso in due livelli (riduzione dell’antimicrobico resistenza e adesione a SQNBA con pascolamento).
Siamo in attesa della pubblicazione del D.M. emanato sulla base dei due provvedimenti legislativi dell’anno scorso sopra ricordati, sulla formazione obbligatoria degli allevatori e detentori a qualsiasi titolo di animali.
Tale decreto prevede contenuti formativi differenziati per specie, ripartiti nei seguenti moduli:
- Salute degli animali: 8 ore
- Sistema Identificazione & Registrazione animali: 4 ore
- Biosicurezza, altri aspetti generali e flussi informativi: 6 ore
Specifica, inoltre, gli Enti e le Società che possono erogare la formazione e che devono essere tutti di altissimo livello, accreditati o già riconosciuti dal Ministero della Salute, oltrechè Univerisità, IIZZS e SSN ove non sia sufficiente l’offerta formativa proposta dagli erogatori.
Come si può notare manca qualsiasi riferimento esplicito al benessere animale, ma come abbiamo scritto sul nostro sito, il Ministero della Salute aveva diffuso in data 10.7.2023 una nota che rivedeva le disposizioni emanate nel 2008 in materia di formazione di veterinari ed allevatori in tema di benessere animale.
Abbiamo segnalato nel suddetto articolo che non si può avere un’adeguata formazione sul benessere degli animali se questa viene tenuta disgiunta dalla conoscenza e formazione prevista dall’emanando Decreto ministeriale, in quanto non coerente con lo spirito del Regolamento comunitario e con un dispendio economico e di tempo per gli allevatori senza un beneficio aggiuntivo.
Chiaramente, un’adeguata formazione svolta da Società o Enti che si avvalgono di docenti ed esperti altamente qualificati potrà favorire l’applicazione di elevati standard di benessere e salute dei nostri animali, ma dovrà, nel contempo, essere accompagnata da misure di sostegno finanziario per l’adeguamento, se necessario, delle strutture per elevare gli standard di biosicurezza e disponibilità di spazi al chiuso o all’aperto per gli animali.
Autore
Silvio Borrello – FoodHealth Consulting srl. Ex Direttore generale del Ministero della salute